“Vegetalia” di Alberto Mazzocchi e Attilio Gavioli (speciale critica di Gianni Cossu)

VEGETALIA – Mostra fotografica di Alberto Mazzocchi e Attilio Gavioli

Dove: Sala della Colonne - Biblioteca Gino Baratta, C.so Garibaldi N. 88 - Mantova (MN)
Quando: dall'8 al 20 giugno 2013

 

VEGETALIA

di Gianni Cossu – Presidente del Fotocineclub Mantova

In quanti modi ci si può avvicinare alla natura per riprodurne le fattezze?

Certamente molti, moltissimi. In VEGETALIA vengono esposti i risultati di due diverse vie, due diversi modi di lettura del grande e meraviglioso libro del vegetale.

Una via è quella di Attilio Gavioli che ricorre alla lunga esperienza maturata in anni di paziente lavoro per arrivare a fotografare senza macchina fotografica, l’altra è quella di Alberto Mazzocchi che si avvale della raffinata tecnologia digitale per esaltare forme e colori di frutti ed ortaggi.

La sperimentazione è il motore dell’evoluzione nella tecnica fotografica. I comandi di questo meccanismo sono sempre stati in pugno ai fotografi stessi, con il favore di una staticità tecnica che è durata più di un secolo. L’avvento della fotografia digitale ha spostato la possibilità di sperimentare dalle bacinelle di sviluppo ai laboratori di informatica. Da questi ultimi escono pacchetti di utilizzo della tecnica digitale sempre più ampi e stupefacenti.

Al fotografo spetta successivamente il compito di immergersi in questo panorama sterminato, frutto dell’altrui genio, e imparare e scegliere il programma più adatto alla propria creatività. Già, “creatività”: è come se con la fotografia analogica avessimo a disposizione dieci colori e con il digitale almeno diecimila! Ma siamo legati al computer… Attilio Gavioli per le sue produzioni non usa il computer e nemmeno la macchina fotografica. E’ come se il pittore decidesse di non usare più il pennello ma le mani impastate di colore. Come potrebbe un fotografo digitale, obbligato dall’informatica, fare foto senza fotocamera e computer? Ecco allora la rivincita della mente pensante in prima persona , del padrone di una tecnica vecchia ma personale e amica, che ha riesaminato i passaggi esecutivi della fotografia analogica e si è infilato in un pertugio produttivo inedito. Questa è la vera creatività in fotografia. Immagini di vegetali che ondeggiano come garze orientali, trasparenze di plausibile veridicità che impongono un rinnovato rispetto per l’impareggiabile modello naturale, profili delicati ed accoglienti toni cromatici sia tenui che forti, con la semplice perfezione che solo un ordine biologico (e non artificiale) può offrire. Il valore di queste foto sta nell’indubbia eleganza estetica , nell’idea innovativa e gagliardamente affinata e nel piacere, che tutti ipotizziamo con un sorriso, provato dall’Autore nell’istante in cui l’immagine conferma e gratifica l’appassionata attesa di questo bravo Artigiano, in una camera oscura temporaneamente illuminata nelle prove di esposizione sulla carta sensibile e non dal monitor di un pc.

Alberto Mazzocchi ama la natura e con le sue ampie possibilità espressive ce la porge potentemente esaltata nelle sue più nascoste meraviglie. Meraviglie di abitanti di paludi e boschi padani, come ci ha piacevolmente abituato in passato, ma anche di protagonisti vegetali più quotidiani e domestici, ma un po’ dimenticati,

Al ritorno da un safari dall’ortolano il buon Alberto ci offre frutta e verdura come se fosse un servizio su Naomi Campbell con un elegante risultato estetico.

Lo sfondo nero da dietro un cavolo o un peperone sfiora quelle rotondità con crescente luminosità , come una carezza che dalla schiena gira intorno ai fianchi e sull’addome apre progressivamente la mano con affetto e rispetto per quel semplice, mirabile dono vivente.

L’accuratissima messa a fuoco con estesa profondità di campo o l’elevata risoluzione dei dettagli, l’importanza volumetrica del soggetto (spesso occupante l’intero fotogramma) e, come già detto, l’esposizione carica e perfetta su sfondo contrastato, danno a questi semplici ortaggi la dignità di misconosciuti gioielli. Non è la proposta descrittiva di un alimento, bensì il convinto omaggio alla inesauribile sorprese dei più confidenziali frequentatori delle nostre insalatiere e fruttiere. Da sempre esclusivamente apprezzati per il piacere che danno al palato, questi frutti e verdure esibiscono con orgoglio giochi cromatici astratti, curve e spirali da “sezione aurea”, imprevedibilità di forme ad un esame attento dei loro angoli più nascosti.

La bravura di un fotografo si misura anche nel proposito di ridiscutere ciò che ci sembra ordinario o scontato, con l’ostinazione di gettare il velo dell’abitudine per fare splendere una bella anima nascosta in cui l’Autore ha creduto fin dall’inizio. Questa raccolta di immagini è un vero atto di amore e di fiducia nelle risorse di questi figli della natura così timidi, immobili e muti.

Un gesto di generosità. Un regalo per i nostri occhi. Un meritato motivo per un sincero applauso.

Gianni Cossu – Presidente Fotocineclub Mantova

#Mantovacreativa: Nicola Malagutti espone “Shots of Life”

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Vi vogliamo segnalare l’interessante esposizione di Nicola Malagutti in occasione di Mantovacreativa nei prossimi giorni:

QUANDO: dal 23 al 26 maggio 2013
DOVE: bottega di via Calvi, 53 - Mantova

La storia è molto breve ma credo interessante… in un periodo particolare della mia vita a cavallo dei miei 50 anni ho iniziato ad usare il mio primo iphone 3 come una polaroid..poi sono passati gli anni e l’iphone 4 e poi 5…….la singolarità tutti scatti in b&w 10×10 oggi pero riportati in un unica stampa di 3,50 m…il resto è da vedere..un opera Importante non solo nelle dimensioni ….che non poteva che chiamarsi SHOTS OF LIFE ..scatti di vita.

Nicola Malagutti

 

Elliot Erwitt la star dai sogni in bianco e nero

Il Fotocineclub di Mantova vi vuole segnalare un'importante mostra fotografica a Torino di ben 136 immagini del maestro del bianco e nero Elliot Erwitt. Di seguito vi riportiamo l'articolo scritto da Emanuele Galesi, giornalista del "Giornale di Brescia" web, da dove abbiamo ritratto la notizia.

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Cammina con quell’aria un po’ «cosa ci faccio qui?» e si appoggia ad un bastone con una trombetta che suona quando deve passare tra la gente. Elliott Erwitt a 84 anni sorride immobile e dice che il più grande colpo che si possa fare in carriera è «morire giovane». La sua invece non è ancora finita e viene raccolta in una nuova retrospettiva a Palazzo Madama, a Torino, fino al primo di settembre.

Quando interviene per presentarla, all’inaugurazione di metà aprile, il fotografo russo francese italiano americano, soprattutto americano, è trattato come una rock star. Con garbo, ma da star. Fotografato, lui, atteso, rifotografato, tutti che vogliono l’autografo, tutti che lo guardano guardare. È come se ci si aspettasse un segno rivelatore, la spiegazione di un mistero, il gesto che fa dire «ah, ecco!», come se gli si potesse carpire un segreto bisbigliato.

Fotografandolo a ripetizione, ci si ritrova però sempre di fronte all’immagine di Erwitt, magari perplesso. La sua arte resta invece fuori dal quadro. Va cercata e stanata.
In mostra ci sono periodi molto diversi, dagli anni Quaranta a dopo il Duemila. Rigoroso bianco e nero; immagini spesso ironiche, gli uomini ipnotizzati dal nudo al museo; drammi, le donne in attesa di un caro svanito nel nulla; piccoli poemi d’intimità, la coppia che prende il sole sul tetto. Dipende dall’ispirazione: «Non mi alzo al mattino decidendo di essere ironico. Cerco di guardare le cose con curiosità ed empatia».
Conferma, Elliott Erwitt, la scelta acromatica, «così controllo meglio il mio lavoro», ma non è un dogma: «In ottobre uscirà un mio libro a colori», una decisione legata all’utilizzo di fotocamere digitali. I precedenti li aveva pubblicati sotto lo pseudonimo André S. Solidor, giocando col pubblico.

Secondo lei le persone sognano in bianco e nero? «Non so come sia per gli altri, ma per me è così», risponde. E a che cosa pensa l’uomo seduto accanto alla giovane coppia, in una delle foto più belle in mostra? «Forse sa qualcosa», immagina.
Di Erwitt, che l’amico e collega Ferdinando Scianna definì il Woody Allen della fotografia, Silvana Editoriale ha ricostruito una carriera in cui fotografie professionali e amatoriali, nel senso che le faceva per se stesso, si sono sempre affiancate «in modo schizofrenico», dice l’autore. Tipo l’immagine di nonno e nipote in bici con le baguette, realizzata per il governo francese, o il bacio riflesso in uno specchietto retrovisore, immagine simbolo della mostra. «Quella l’ho tirata fuori anni dopo averla scattata. Penso che sia normale guardare nel proprio passato, cercando di dare un senso a ciò che si è fatto», commenta.

È nel repertorio centellinato della fotografia privata che Erwitt ha stupito di volta in volta, estraendo dal baule musei, cani, personaggi famosi, bambini. «Ho tanti cani e tanti figli e nipoti, per questo li ho fotografati, e mi piace andare nei musei», minimizza. «La differenza tra le foto di persone sconosciute e quelle di celebrità, come Marilyn, è che le seconde vengono pubblicate più spesso». Con i relativi benefici economici, lasciati intuire.

In ogni caso è difficile chiedere al fotografo, che ti osserva con le sopracciglia sollevate, maggiori dettagli sulle sue foto. Come chiedere a un mago di spiegare i suoi trucchi. «Viaggio molto e porto sempre la macchina fotografica con me, non mi piace essere pigro», dice. E riesce ad essere nel posto giusto al momento giusto, perfetto e conciso in ciò che racconta. «È perché non avete visto le mie foto sbagliate», ammicca.
Conta il gesto, conta lo sguardo istintivo, serve la sete di far vedere il mondo come lo si vede, anche senza sapere esattamente com’è. Così le immagini si accumulano e quelle buone e quelle ottime sono un premio.

C’è molto understatement nel modo in cui Erwitt si propone al pubblico. Una modestia consapevole, condita con un accenno di sorriso. D’altronde, prima ancora che un artista, il nostro è un fotografo. Uno per cui le immagini hanno significato, e significano, lavoro lavoro e ancora lavoro. Ai giovani consiglia di praticare «la fotografia come hobby, ma di trovarsi un lavoro a tempo pieno».

Lo si legge nell’intervista firmata da Angela Madesani in apertura del catalogo della mostra. «Se poi l’hobby si trasforma in qualcosa di più serio, possono dedicarsi a essa facendone il proprio impegno. Tuttavia è un mestiere molto duro, quindi non mi sento di incitarli a cuor leggero».

Le 136 immagini in mostra sono tante, più di quante la Corte medievale appena inaugurata a Palazzo Madama possa contenerne, ma è un difetto di generosità, se la generosità può essere un difetto. Rispetto all’allestimento dei Tre Oci a Venezia dello scorso anno le foto si vedono meglio, non ci sono riflessi. E a pochi metri, a Palazzo Reale, c’è la retrospettiva su Robert Capa. Capa e Erwitt, agenzia Magnum, su due lati della stessa piazza Castello. Uno è morto giovane, l’altro è una star in bianco e nero.

Emanuele Galesi

I salotti Culturali di 1Stile di Mara Pasetti

 uno-stile-logoSe nelle mostre,  proposte nella Home Gallery 1 Stile (www.1stile.com) di via Calvi 51 a Mantova, parlano le opere d’arte, nel salotto del mercoledì alle 21 ( a settimane alterne) sono le persone a dialogare.
Le tematiche spaziano dall’arte alla fotografia, dalla moda e storia del costume alle varie espressioni culturali: senza disdegnare l’attualità. Svolgendosi negli spazi che ospitano via via le mostre, si creerà naturalmente un dialogo con le opere e gli autori. Centrale, infatti, sarà la figura dell’ospite cui si affiancano personalità della cultura, affini per formazione o esperienza. Il convivio, a ingresso libero, si ispira alla tradizione dei salotti letterari diffusi con questa formula soprattutto dal XIX secolo, ma già presenti nell’antica Grecia sotto il nome di simposi.
Data la natura degli spazi che accolgono il salotto, è necessario prenotarsi scrivendo a info@1stile.com.

Calendario primo semestre 2013

6 marzo  Se un cappello è un’opera d’arte

20 marzo  Capelli, che storia!

10 aprile  Fotografia: storia di una passione

24 aprile  Fare mostre oggi

15 maggio  Artisti per l’ambiente

29 maggio  Reportages d’arte e di fotografia

12 giugno  Natura in Poesia-Poesia Oltre Natura

26 giugno  Musica “celeste”

Capalbio, tra arte e fotografia: apre il festival delle emozioni

Il fotocineclub di Mantova vi vuole segnalare un'interessante esposizione fotografica: a Capalbio, infatti, dal 30 Marzo è partito il festival delle emozioni "tra arte e fotografia". Un'iniziativa condivisa - scrive larepubblica.it- da autori che superano i concetti tradizionali della fotografia e lavorano su loro scene interiori in equilibrio tra visioni, sogni, materia e gestualità. Da qui la scelta del tema: Photography or painting? ''È proprio il riappropriarsi della gestualità, in un’epoca di secchezza digitale, che coinvolgendo differenti materie consente di arrivare a questo interrogativo spiazzante'.

QUANDO: dal 30/03/2013 al 05/05/2013
DOVE: il Frantoio, Via Renato Fucini 10 Capalbio (Grosseto)




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