Il Fotocineclub di Mantova vi vuole segnalare una mostra importantissima del più importante fotoreporter di guerra di tutti i tempi: Robert Capa. La vita di Capa, nonostante il successo a livello professionale, non è stata affatto semplice, anzi, il noto fotografo ha dovuto affrontare momenti difficili, a volte addirittura drammatici. Il nostro Alberto Mazzocchi ripercorre i punti salienti della vita del noto fotografo cogliendone i particolari più importanti ed emozionanti.
QUANDO: già in essere, fino al 14/07/2013
DOVE: Torino, Palazzo Reale
Andrea Danani - Fotocineclub Mantova
Robert #Capa: il fotoreporter
di Alberto Mazzocchi

Pochi giorni or sono è stata inaugurata a Torino, a Palazzo Reale, una retrospettiva che rimarrà aperta sino al 14 Luglio venturo dedicata al grande fotoreporter Robert Capa di cui si celebra quest’anno il centesimo anniversario della nascita
Nel 1913 infatti vedeva la luce a Budapest Endre (Andre) Friedmann che, giovanissimo, fu costretto a fuggire, prima a Berlino e poi a Parigi, per evitare, dati i tempi, di dovere pagare per due colpe gravissime: essere ebreo ed avere simpatie per il socialismo. Durante le peregrinazioni giovanili Endre impara ad usare la macchina fotografica, la piccola Leica, di cui intuisce l’agilità rispetto ai mastodonti in uso a quei tempi ed entra in contatto con artisti ed intellettuali. Frequenta assiduamente, fra gli altri, Henry Cartier Bresson con cui fonderà, anni dopo, la famosissima agenzia Magnum Photos.
Nella capitale francese incontra Gerda “Taro” Pohorille che, responsabile delle stesse colpe del futuro fotoreporter, era fuggita dalla nativa Polonia.
Tra i due giovani, belli, pieni di vita, intraprendenti ma squattrinati nasce un forte legame sentimentale ed un proficuo sodalizio lavorativo.
Per superare le difficoltà con cui le agenzie accettavano le loro foto e per aumentare lo scarso compenso con cui venivano pagati (anche Gerda, sotto la guida di Andre, aveva imparato a fotografare) decidono di presentare i loro scatti come se fossero stati realizzati da un famoso ma fantomatico fotografo americano: Robert Capa.
Grazie a questo stratagemma la loro situazione professionale ed economica migliora decisamente ed in breve i lavori di Capa sono ricercati e ben valutati.
Nel 1936 i due partono per la Spagna dove è in corso una feroce guerra civile e le loro foto contribuiscono a fare conoscere la situazione drammatica in cui vivono gli spagnoli, il successo arride loro ma, nel 1937, la malasorte pone tragicamente fine alla loro unione. Mentre gli aerei tedeschi bombardano le truppe lealiste Gerda viene travolta da un carro armato “amico”. Nonostante i disperati tentativi fatti per salvarla Gerda muore.
Visitare la mostra di Capa, che fu tra i primi a capire l’importanza della fotografia come mezzo di denuncia e di testimonianza, è come sfogliare un testo di storia dedicato agli eventi bellici che sconvolsero il mondo dal 1936 al 1954. Infatti non c’è fatto bellico che non veda il fotoreporter ungherese impegnato a raccogliere immagini cariche di compassione per le vittime delle guerre stando sempre a breve distanza dai soggetti dei suoi scatti.
Nel 1938 è in Cina dove documenta la resistenza alle truppe giapponesi da parte degli uomini di Chiang-Kai shek.
Ritorna in Europa e partecipa agli eventi della 2a Guerra Mondiale sui vari fronti: (particolarmente significative sono le foto realizzate in Sicilia e a Cassino), è in primissima linea durante lo sbarco in Normandia, vive intensamente la liberazione di Parigi e, appena finito il conflitto , si reca a Berlino per documentare la distruzione della capitale del Reich. Va poi in Israele dove segue il primo conflitto israeliano e dove ritorna per testimoniare il dramma dei rifugiati. È in questa circostanza che scatta una delle sue foto più intense e toccanti: fotografa una bimba vestita malamente, scalza e in lacrime. E’ questa una delle immagini che meglio raccontano il dramma della guerra , della violenza, della sofferenza degli innocenti. 
Nel 1954 si reca in Indocina dove i francesi stanno cedendo sotto gli attacchi delle truppe locali impegnate a lottare per l’indipendenza. Il 25 Maggio 1954 una mina antiuomo uccide il fotografo che tante volte aveva rischiato la vita per essere quanto più vicino possibile all’azione.
Capa, che fu tra i primi ad utilizzare macchine di piccolo formato, dimostrò che le vecchie, gigantesche cassette allora in uso non potevano consentire di lavorare con velocità ed immediatezza e dimostrò pure che la qualità di una foto è legata alla distanza da cui viene ripresa; una immagine efficace non può essere scattata se non stando a ridosso dell’azione.
Cercò sempre di applicare questa teoria e, come esempio, si devono ricordare le foto “slightly out of focus” che scattò il 6 Giugno 1944 quando sbarcò con i primissimi soldati sulle sabbie di Omaha Beach, in Normandia.
Non è possibile descrivere le emozioni che le foto di Capa, scattate in modo potente e toccante allo stesso tempo, riescono a trasmettere, è molto difficile sintetizzare in poche parole la intensità dei sentimenti che esse generano nell’osservatore.
Chi più riuscì a dare una descrizione efficace e valida della sensibilità del grande fotoreporter fu John Steinbeck che scrisse: “(Capa) sapeva che non si può fotografare la guerra perché si tratta per lo più di una emozione. Ma lui riuscì a catturare quell’emozione scattando accanto ad essa. Era in grado di mostrare l’orrore subito da un intero popolo sul volto di un bambino.”
Alberto Mazzocchi – Fotocineclub Mantova
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